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Attività stragiudiziale del curatore - non necessaria l'autorizzazione del giudice delegato

In una recente pronuncia, la Suprema Corte ha precisato che il compimento dell'attività stragiudiziale da parte del curatore non è soggetto alla preventiva autorizzazione del giudice delegato, quanto, piuttosto, da quella successiva del comitato dei creditori.

Detto principio è stato affermato con ordinanza del 2 marzo 2021, n. 5672 ove si legge che nel vigente testo della legge fallimentare, nessuna norma subordina lo svolgimento dell'attività stragiudiziale del legale del fallimento alla previa autorizzazione da parte del giudice delegato.

I poteri di quest'ultimo sono disciplinati, infatti, dall'art. 25 L.F. (nel testo, applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di giudizio, risultante dalle modifiche apportategli dal d. lgs n 169 del 2007), tra i quali è compreso quello di autorizzare per iscritto il curatore a stare in giudizio in qualità di attore o di convenuto, ma non anche di nominare il difensore della procedura (che, il giudice delegato medesimo può, invece, revocare, ed alla cui liquidazione procede su proposta del curatore), la cui scelta e nomina è sempre demandata al curatore, come si evince dal dettato normativo di cui all'art. 25, comma 1, n. 4 L.F.

Proprio quest'ultima disposizione, letta in combinato disposto con il comma 1, n. 6, della medesima norma, fornisce una soluzione negativa al quesito se sia necessaria la preventiva autorizzazione del giudice delegato, affinché sia legittimamente prestata attività stragiudiziale da parte di un legale nominato dal Curatore.

Invero, ai sensi dell predetto art. 25 L.F., il curatore può conferire incarico a soggetti terzi, affinché prestino la propria opera nell'interesse del fallimento; soltanto se per l'espletamento di tale attività è necessaria la costituzione in giudizio, è necessaria la preventiva autorizzazione da parte del giudice delegato. La medesima disposizione, del resto, non riguarda il conferimento dell'incarico, da parte del curatore, soltanto agli avvocati, ma a tutte le "persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell'interesse del fallimento", anche qualora l'attività svolta si sia esplicata al di fuori di un giudizio civile. Tale previsione deve essere coordinata con i successivi artt. 31 e 32 L.F., a tenore dei quali "Il curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare", "può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del comitato dei creditori", e "può essere autorizzato dal comitato dei creditori a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità".

Si vuole dire, cioè, che l'autorizzazione del giudice delegato riguarda la materia della rappresentanza in giudizio, la legitimatio ad processum del curatore, non certamente il conferimento allo stesso del potere di disporre del diritto controverso, viceversa soggetto al modulo procedimentale dell'art. 35 L.F.

Conseguentemente, l'attività volta a definire transattivamente la controversia è soggetta all'autorizzazione del comitato dei creditori su proposta del curatore che evidentemente, qualora l'attività sia stata svolta (come nella specie) da un legale, ne fa propri i contenuti.

La stessa autorizzazione del giudice delegato, peraltro, non è necessaria tutte le volte in cui (come per l'espletamento dell'attività transattiva da parte del curatore) non occorre il ministero di un difensore.

Dal che si evince che il compimento dell'attività stragiudiziale da parte del curatore non è soggetto alla preventiva autorizzazione del giudice delegato, quanto, piuttosto, da quella successiva del comitato dei creditori, che poi, nell'odierna vicenda, è effettivamente intervenuta.