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Nullità della sentenza di fallimento che non accerta lo stato di insolvenza

In una recente pronuncia (trattasi di sentenza n. 976 del 20 gennaio 2021), la Suprema Corte ha statuito che è nulla, perché affetta da motivazione apparente, la sentenza che dichiari il fallimento, facendo un mero richiamo al decreto di inammissibilità del concordato preventivo, senza valutare l’effettiva sussistenza dello stato di insolvenza.

Nel caso di specie, una società che aveva presentato domanda di concordato, a seguito del mancato raggiungimento delle necessarie maggioranze nel corso delle procedure di voto sulla proposta concordataria presentata, depositava un'atto di rinuncia alla procedura di concordato preventivo.

Il Tribunale interessato, quindi, dichiarava inammissibile il concordato preventivo proposto, segnalando al P.M. il giorno successivo l’insolvenza della società. Il Tribunale, in accoglimento della richiesta presentata dal P.M., dichiarava pertanto il fallimento della società. La Corte d’Appello di Bologna, investita del gravame, rigettava il reclamo.

La Suprema Corte, in accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

In particolare, la Suprema Corte ha osservato che il secondo motivo di ricorso intende denunciare l’apparenza di motivazione laddove la stessa, pur registrando il motivo di reclamo con cui era stata denunciata la mancata valutazione dell’effettiva sussistenza di uno stato di insolvenza, non ha fornito alcuna reale argomentazione al riguardo. La motivazione assume carattere solo apparente e la sentenza è nulla, perché affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal Giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.

Nel caso di specie la Corte d'appello di Bologna, malgrado la dichiarazione di fallimento non consegua automaticamente all’inammissibilità del concordato preventivo e necessiti, comunque, di un apprezzamento della condizione di insolvenza in cui si trovi il debitore, si è limitata a fornite argomenti prettamente procedurali, riguardanti la concentrazione in sede di reclamo di ogni motivo di doglianza, relativo al procedimento concordatario, ma così facendo non ha offerto alcuna reale risposta alla reclamante, secondo cui il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare il fallimento facendo un mero richiamo alle decreto di inammissibilità del concordato preventivo e senza valutare l’effettiva sussistenza dello stato di insolvenza. Siffatta motivazione, afferma la Suprema Corte, non offre ragioni perscrutabili che giustifichino la statuizione resa, non raggiungendo il minimo di consistenza necessario per esplicitare in maniera chiara ed inequivoca il fondamento della decisione.

Ciò a maggior ragione ove si consideri che la sentenza, pur dando atto nel proprio corpo dello stato di liquidazione in cui versava la società poi dichiarata fallita, trascurava completamente questo dato al fine di verificare la sussistenza di uno stato di insolvenza sotto il profilo dell’esistenza di elementi attivi del patrimonio sociale capaci di assicurare l’eguale e integrale soddisfacimento dei creditori sociali.