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Distanze legali - La disciplina sopravvenuta (se meno restrittiva) sana l’illecito

La Corte di Cassazione, con ordinanza 24 novembre 2020, n. 26713, ha stabilito, in tema di distanze legali nelle costruzioni, che qualora sopravvenga una disciplina meno restrittiva, la costruzione, realizzata in violazione della normativa in vigore al momento della sua ultimazione, non può ritenersi illegittima qualora risulti conforme alla nuova disciplina, non potendosi ordinare la demolizione o l'arretramento dell'edificio originariamente illecito che abbia le caratteristiche e i requisiti che ne consentirebbero la costruzione alla stregua della disciplina sopravvenuta.

Nel caso di specie, l'attore conveniva in giudizio il convenuto dinanzi al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, deducendo violazioni in tema di distanze tra costruzioni in relazione a un immobile e chiedendo la condanna del convenuto all'arretramento del fabbricato sino alla distanza di 8 mt dal muro di costruzione che divideva le proprietà delle parti.

Espletata una consulenza tecnica d'ufficio il Tribunale accoglieva la domanda attorea e condannava il convenuto ad arretrare il proprio fabbricato sino alla distanza minima di 8 mt. dal margine del muro posto al confine, nonché al risarcimento del danno per la somma di euro 10.000.

A fondamento della decisione, il giudice di primo grado riteneva che il muro posto al confine tra le due proprietà dovesse considerarsi quale costruzione e dunque la distanza di 8 mt prevista dal regolamento comunale doveva trovare applicazione.

Veniva, quindi, proposto appello avverso la suddetta sentenza e la COrte adita, in parziale accoglimento del gravame, riformava la sentenza di primo grado e condannava la parte appellante all'arretramento del proprio fabbricato sino a raggiungere la distanza di 4 mt. dalla facciata esterna del muro a confine tra le due proprietà.

In particolare, secondo la Corte d'Appello, la sentenza di primo grado aveva erroneamente qualificato il muro posto a confine tra le due proprietà quale muro di costruzione e non muro di cinta.

Ad avviso della Corte l'esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni di cui all'art. 878 c.c. doveva applicarsi anche in presenza di un manufatto che, seppure in tutto o in parte carente di alcune delle caratteristiche di cui al richiamato articolo 878 codice civile, fosse comunque idoneo a delimitare un fondo nel caso gli si potesse riconoscere la funzione e l'utilità di demarcare la linea di confine dello stesso.

In sostanza doveva attribuirsi prioritaria importanza alla situazione di fatto e alla concreta funzione del manufatto piuttosto che all'aspetto formale dell'altezza superiore ai 3 mt.

Nella specie, il muro in esame presentava le caratteristiche proprie del muro di confine, sia dal punto di vista funzionale, sia in ragione delle caratteristiche costruttive ed estetiche. La Corte d'Appello, una volta accertata la natura di muro di cinta e non di costruzione del manufatto posto a confine tra i due fondi, evidenziava che comunque il fabbricato costruito dagli appellanti si trovava a una distanza inferiore ai 4 mt. prescritta (2,30 mt i balconi e 3,70 mt, le mura perimetrali) e, dunque, la parte appellante doveva essere condannata all'arretramento del proprio fabbricato sino a raggiungere la prescritta distanza.

Veniva quindi proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, cassava con rinvio la sentenza impugnata.

Al riguardo, i Giudici di legittimità hanno richiamato l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui i regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti "diritti quesiti" (per cui la disciplina più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell'entrata in vigore della normativa, possano considerarsi "già sorte"), e, nel caso di norme più favorevoli, dell'eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione. Ne consegue la inammissibilità dell'ordine di demolizione di costruzioni che, illegittime secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi "medio tempore", ossia di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l'avvento della nuova disciplina.

La Corte, quindi, cassava con rinvio la sentenza impugnata, dovendo il giudice del rinvio verificare se la costruzione posta in essere  rispetta la disciplina sulle distanze attualmente vigente, tenuto conto del nuovo regolamento locale e dovendo, a tal fine, altresì verificare se risultino rispettate le distanze intercorrenti tra volumi edificati preesistenti.