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Non luogo a procedere da parte del GUP - legittima solo dopo mera valutazione processuale delle prove

La Corte di Cassazione, pronunciandosi su un ricorso contro una sentenza con cui il GUP aveva prosciolto un direttore di banca dall’imputazione di usura ai danni di un cliente dell’istituto, con la sentenza 20 maggio 2016 n. 21051 - nell’accogliere la tesi della parte civile secondo cui il provvedimento emesso all'esito dell'udienza preliminare deve avere natura processuale e non può, pertanto, riguardare aspetti di merito della vicenda -, ha affermato il principio secondo il quale il giudice dell'udienza preliminare, ai fini della pronuncia di sentenza di non luogo a provvedere a norma dell'art. 425, comma 3, c.p.p., deve limitarsi a valutare -sulla base di un giudizio prognostico di valenza meramente processuale- se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio, in modo così radicale da rendere inutile lo svolgimento del dibattimento, anche con riferimento agli ulteriori elementi di prova, ai chiarimenti e agli approfondimenti probatori che ivi potranno essere disposti e, nell'effettuare tale valutazione, il GUP non può procedere ad una complessa ed approfondita disamina del merito del materiale probatorio ne' può formulare un giudizio sulla colpevolezza o non colpevolezza dell'imputato (che è riservato al giudice del dibattimento in esito all'assunzione delle prove), essendogli inibito il proscioglimento in tutti quei casi in cui gli elementi di prova acquisiti a carico dell'imputato si prestino a valutazioni alternative, aperte o, comunque, siano tali da poter essere diversamente valutati nel dibattimento anche alla luce delle future acquisizioni probatorie.

La Cassazione, nel caso di specie, ha osservato come era sufficiente la lettura della sentenza per rendersi conto della violazione di legge sotto l'evidenziato profilo, in quanto il giudice dell'udienza preliminare, non solo era entrato nel merito della valutazione delle singole prove e dei singoli indizi acquisiti nel corso delle indagini preliminari ma - a seguito di una disamina del complesso materiale probatorio contenuto nei fascicolo del pubblico ministero - era pervenuto, in sostanza, ad una vera e propria sentenza di assoluzione nel merito, sostituendo così - in modo surrettizio - la propria valutazione a quella del Tribunale e precludendo quella futura assunzione delle prove in dibattimento che avrebbe potuto dipanare i punti oscuri della vicenda fattuale, sottolineati nella motivazione della sentenza impugnata. In effetti, la sentenza assumeva conclusioni di merito, peraltro esposte - almeno in parte - in forma dubitativa e con ricorso ai criteri interpretativi della prova logica, non compatibili con la portata di cognizione limitata assegnata al GUP, riconoscendo come l'ipotesi accusatoria sia messa in crisi, principalmente sotto il profilo dell'elemento soggettivo, sulla base di un assunto che pare alla Corte erroneo; e cioè il GUP partiva dal presupposto che l'imputato non disponesse di autonomia tale da mettere in discussione le modalità di computo degli interessi praticate dall'Istituto, trascurando di considerare che, quanto meno dall'informativa della Guardia di Finanza, figurasse, invece, che l'imputato, quale vice direttore centrale della Banca, era proprio colui che determinava o concorreva a determinare le condizioni di erogazione del credito.

Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio della sentenza