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Separazione - Per l'assegno di mantenimento è legittimo il ricorso del Giudice alle presunzioni

Con sentenza 15 febbraio 2018, n. 3709 la Suprema Corte ha affermato che nella valutazione comparativa delle situazioni dei coniugi in regime di separazione, al fine non solo del riconoscimento, ma anche della quantificazione dell'assegno di mantenimento, il ricorso del giudice del merito a presunzioni semplici deve ritenersi consentito e non configura, perciò, un'indebita sostituzione dell'iniziativa d'ufficio a quella della parte cui fa carico l'onere della prova, tenuto conto che tale onere può essere assolto anche mediante la prospettazione al giudice medesimo dell'esistenza di elementi presuntivi.

Nella fattispecie veniva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d'appello di Venezia, con la quale era stato parzialmente accolto l'appello proposto nei confronti della pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda di corresponsione di un assegno di mantenimento, in sede di giudizio di separazione personale, da porsi a carico di uno dei coniugi.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha osservato che, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento in sede di separazione personale dei coniugi, l'art. 156, comma 2, c.c., deve essere inteso nel senso che il giudice é tenuto a determinare la misura dell'assegno tenendo conto, non solo dei redditi delle parti, ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, né determinabili «a priori», ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito ed idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l'accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi.

In tale prospettiva, nella valutazione comparativa delle situazioni dei coniugi in regime di separazione, al fine non solo del riconoscimento, ma anche della quantificazione dell'assegno di mantenimento, il ricorso del giudice del merito a presunzioni semplici deve ritenersi consentito e non configura, perciò, un'indebita sostituzione dell'iniziativa d'ufficio a quella della parte cui fa carico l'onere della prova, tenuto conto che tale onere può essere assolto anche mediante la prospettazione al giudice medesimo dell'esistenza di elementi presuntivi.

Nel caso di specie, la Suprema Corte riteneva che la Corte territoriale aveva provveduto ad una corretta comparazione dei redditi delle parti, accertando che una percepiva la somma di poco più di Euro 1.000,00 mensili, certamente inidonea ad assicurarle il mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, considerato che solo nell'anno 2012 - nel corso del quale l'altro coniuge proponeva ricorso per separazione coniugale - il medesimo percepiva l'importo di Euro 22,000,00 per l'installazione ed il montaggio di tende da sole.

La Corte d'appello ha, poi, accertato - sempre sul piano della comparazione dei redditi dei coniugi - che, mentre un coniuge era proprietario di una casa di abitazione, l'altro possedeva solo un terreno agricolo, che il primo, ad onta della dichiarazione da lui effettuata di essere disoccupato e nullatenente, risultava svolgere l'attività di procacciatore di affari, e che il medesimo, in sede di comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale, aveva ammesso l'esistenza di redditi in misura maggiore di quella dichiarata.

Nel concorso degli elementi presuntivi suesposti, la Corte riteneva che il giudice di appello aveva, quindi, correttamente valorizzato - al fine di trarne elementi di convincimento ex art. 116 cod. proc. civ. - anche la mancata produzione, da parte dell'appellato, delle dichiarazioni dei redditi aggiornate.