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Separazione - Collocazione del figlio presso il padre se ciò è conforme all’interesse del minore

La Suprema Corte con la sentenza 2 febbraio 2017, n. 2770 ha affrontato il problema dell'ascolto del minore nel procedimento di separazione e la rilevanza dello stesso ai fini del collocamento del minore stesso. In particolare, la Corte afferma che l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore, ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.

Nel caso che ci occupa, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la statuizione del Giudice di merito che, all’esito dell’esame del minore, aveva ritenuto conforme al suo interesse la prevalente collocazione presso l’abitazione paterna.

In particolare, nel giudizio di primo grado la moglie adiva il Tribunale di Savona, chiedendo pronunciarsi la separazione giudiziale dal proprio marito, stabilendosi l'affidamento condiviso del figlio minore ed un assegno di mantenimento per il predetto minore. Il Tribunale adito - modificando, in punto collocazione prevalente del minore, i provvedimenti presidenziali – pronunciava la separazione dei coniugi, affidava ad entrambi i genitori il figlio, con collocazione prevalente presso il padre, e stabiliva a carico della madre un assegno di mantenimento a favore del minore, nella misura di € 200,00, ridotto ad € 100,00 per i mesi di Giugno e Settembre e sospeso nei mesi di Luglio ed Agosto, oltre ad un contributo per le spese straordinarie. Avverso tale decisione proponeva appello la moglie ma il giudice del gravame riteneva che la collocazione prevalente del minore presso il padre rispondesse al prevalente interesse del medesimo, e che il contributo stabilito dal Tribunale a carico della madre fosse da reputarsi congruo, tenuto conto della permanenza del figlio presso ciascuno dei genitori. Per la cassazione di tale sentenza proponeva ricorso la moglie.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha osservato che l’audizione dei minori – direttamente dal Giudice o da un esperto dal medesimo delegato – già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino e, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25.1.1996 ratificata con la l. n. 77/2003 nonché dell’art. 155 sexies c.c. (applicabile ratione temporis). Ne consegue che l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore, ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse. Va, poi, soggiunto che il C.T.U., che ha operato l’esame del minore, ha altresì, precisato che dall’esame non è emerso alcun segno di alienazione parentale da parte dell’uno o dell’altro genitore; talché, la Corte territoriale ne ha tratto la conclusione che fosse del tutto condivisibile l’assunto del C.T.U. secondo cui l’attuale collocazione del minore è “maggiormente conforme al suo attuale interesse, al suo equilibrio e alla sua serenità”.